Tribunale di Ancona: L'Ente gestore della strada teatro del sinistro letale è obbligato a risarcire i danni subiti dagli eredi in caso di omessa installazione dei presidi previsti dalla legge per la sicurezza degli utenti della strada.
Il Tribunale di Ancona, all’esito di un giudizio promosso dagli eredi di un soggetto deceduto in seguito ad incidente stradale i quali hanno conferito mandato allo scrivente studio legale, ha accolto le domande degli attori e condannato l’Ente responsabile della gestione della strada teatro dello scontro al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti dagli eredi. La fattispecie. Il de cuius, a bordo della sua auto, su cui trasportava la moglie, iniziava una manovra di sorpasso su strada extra-urbana, tratto rettilineo, pur in presenza di linea continua di mezzeria. Limite ordinario di velocità: 90 km/h. Occupata la corsia opposta, l’auto del de cuius sbandava e, con le sole ruote di sinistra, fuoriusciva dal ciglio stradale proseguendo la corsa. Dopo aver percorso numerosi metri in tal modo, essendosi accorto il conducente della presenza di una grossa quercia, questi ha sterzato bruscamente a destra nel tentativo di evitare l’impatto contro tale ostacolo. Così facendo l’auto ha ruotato di circa novanta gradi verso destra e con il fianco sinistro, all’altezza della portiera del conducente, ha impattato contro l’albero. Il consulente tecnico d’ufficio, confermando la perizia ante causam prodotta dagli eredi in giudizio, ha stabilito che l’auto del de cuius viaggiava ad una velocità di circa 73 km/h. L’impatto è stato violento. Il conducente è deceduto dopo circa trenta minuti dall’impatto. Il passeggero ha riportato lesioni gravi ma guaribili. La quercia, che si trovava ad una distanza di circa centocinquanta centimetri dalla carreggiata, non era stata protetta dall’Ente gestore con le apposite barriere di contenimento previste dalla legge. Oltretutto, in loco è presente una scarpata di oltre tre metri di profondità che, sempre per legge, doveva essere protetta con i medesimi presidi. La normativa vigente, infatti, stabilisce che la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 m. (art. 26, c. 6°, regolamento di attuazione al Codice della Strada), inoltre indica le alberature poste a meno di 3 metri dal ciglio carrabile come zone da proteggere con sistemi di ritenzione (art. 3, allegato 1, del DM 18 febbraio 1992, n. 223, e art. 3, DM 21 giugno 2004), e ciò perché venga sempre assicurata la sicurezza stradale, come raccomandato dall'art. 13, c. 2, d. lgs 30 agosto 1992, n. 285, ovvero il codice della strada). Pertanto, era obbligo dell’ente gestore piantare l’albero a non meno di sei metri (art. 26, c. 6, CdS) e comunque apporre le obbligatorie barriere di sicurezza (art. 13, Dm 15108/2004). Nel caso di specie, inoltre, è stato accertato all’esito dell’espletata attività istruttoria che lo sbandamento del veicolo del de cuius era stato provocato dal cattivo stato di manutenzione del fondo stradale della corsia opposta. Inoltre, tenuto conto delle condizioni della strada, era obbligo dell’ente provinciale provvedere alla necessaria manutenzione e comunque installare la segnaletica di “strada deformata” prevista dalla legge. Il c.t.u., più precisamente, ha accertato che con gli pneumatici (di designazione 255/35 ZR20 97 Y E per quelli anteriori e 285/30 ZR20 99Y per quelli posteriori, aventi una larghezza complessiva di sezione di 1.080 mm) in buono stato d’uso, come risultava dal verbale della Polizia Stradale, in atti, alla velocità di 73,7 km/h, con una pendenza in discesa della strada, resa viscida dalla leggera pioggia in atto, come presegnalato da apposito segnale, l’auto non sarebbe uscita di strada se non fosse stato per le anomalie presenti nell’opposta corsia di marcia. Infatti, a motivo di tali anomalie, costituite da una pavimentazione con avvallamenti e molto degradata, che presentava una intensa fessurazione associata ad un principio di disintegrazione con produzione di materiale sciolto (in particolare sul terzo della larghezza della corsia adiacente alla striscia di margine) non segnalate con l’apposito cartello “strada deformata” (in violazione del precetto di cui all’art. 14, c. 1 lett. a) CdS), il conducente non è era stato più in grado di controllare il proprio veicolo, che iniziava a seguire una traiettoria diversa da quella impostata con le ruote sterzanti, deviando a sinistra e fuoriuscendo di strada, per percorrere la banchina erbosa prima dell’urto contro l’albero. Sulla base di tali considerazioni il c.t.u. ha condivisibilmente ritenuto che la responsabilità del sinistro debba essere attribuita per il 90% all’Ente gestore e per il 10% al conducente. Il Giudice ha avallato le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio e condannato, come detto sopra, l’Ente gestore al risarcimento dei danni, come richiesto dallo scrivente studio legale. Si segnala che il Giudice, in sentenza, menziona espressamente, avallandone i contenuti, la perizia ante causam prodotta dagli eredi in giudizio: trattasi di perizia voluta dallo scrivente studio legale e sottoscritta da un noto tenico di grande esperienza in materia di infortunistica stradale. Di seguito, il testo integrale della sentenza. N. R.G. ____/2013 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Francesca Ercolini ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. ____/2013 promossa da: __________, ______________, con il patrocinio dell’avv. ____________ e dell’avv. __________ elettivamente domiciliate in ______________, presso __________________ ATTORI contro PROVINCIA DI __________, in Persona del Presidente p.t., con il patrocinio dell’avv. ___________ elettivamente domiciliata in _______________, presso ______________ CONVENUTO OGGETTO: Azione di responsabilità extracontrattuale CONCLUSIONI All’udienza del 17.10.2017 i procuratori delle parti hanno concluso come da verbale d’udienza. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, _________________, quest’ultima per sé ed in nome e per conto della figlia minore ____________, convenivano in giudizio la Provincia di _________ onde far accogliere le seguenti conclusioni: “Piaccia all'Ill.mo sig. Giudice Unico del Tribunale di Ancona, previe le declaratorie del caso e di legge: 1) accertare e dichiarare, per tutti motivi di cui in premesse, la responsabilità della Provincia di _________ nella causazione dell’evento morte dell'ing. __________; 2) conseguentemente, dichiarare tenuta e condannare la convenuta, in persona come sopra, al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, jure proprio e jure hereditatis, patiti e patiendi dalle eredi dell’Ing.____________, sig.ra __________ e Sig.ra _______ e dalla nipote del medesimo ing. _________, ___________, danni da quantificarsi e liquidarsi, secondo le tabelle del danno non patrimoniale del Tribunale di Milano, o come meglio, in favore delle stesse attrici, nella misura ritenuta di giustizia all’esito dell’istruttoria anche occorrendo in via equitativa per le voci di danno non patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione monetaria secondo Istat dal dì del dovuto al saldo”. Nell’atto introduttivo, esponevano che: in data 19 aprile 2009, _______________, rispettivamente marito, padre e nonno delle attrici, percorreva alla guida della sua auto, assieme alla moglie, la Provinciale _____ in tratto extraurbano (limite velocità 90 Km/h), nel territorio del Comune di ________, con direzione di marcia _________; all’altezza della progressiva chilometrica 30+550, nel sorpassare l’auto che lo precedeva, in quanto in senso contrario non perveniva nessuno, la vettura del ______ deviava diagonalmente verso sinistra, fuoriuscendo con le ruote di sinistra dal piano viabile (all’altezza della chilometrica 30+650), procedendo in tal modo per circa 18,50 metri sulla banchina di terra battuta fino allo schianto, che gli avrebbe causato la morte, contro una grossa quercia vegetante sul ciglio, a pochissima distanza dallo stesso (1,50 m); come conseguenza del violento urto, l’auto veniva proiettata verso destra per 9.00 metri, per poi arrestarsi lungo la corsia di marcia originariamente percorsa ma in senso contrario; _________ decedeva 43 minuti dopo l’impatto a causa di un gravissimo trauma cranico cervicale; venivano inoltre riscontrate ferite lacero contuse su cuoio capelluto e sospette fratture costali; anche _______ riportava ferite che ne imponevano il ricovero e le impedivano di partecipare ai funerali del marito; dalla perizia allegata a firma perito __________ emergeva che la velocità del sorpasso era di 70/75 Km/h, quindi al di sotto del limite di velocità per quel tratto di strada (90 km/h), e che, se l’albero fosse stato protetto da un guardrail, come imposto dalla normativa vigente, Biondini non sarebbe deceduto a causa dell’impatto contro l’albero; l’art. 3 dell’Allegato 2 del Decreto Ministeriale delle Infrastrutture e dei Trasporti del 21-06-04 n. 15108, impone la protezione per quegli alberi che si trovino sul ciglio della strada non ad una distanza di sicurezza (6 metri), come previsto dall’art. 26, n. 6, del regolamento di attuazione del Codice della Strada. Sulla scorta di tali premesse, invocavano in capo alla Provincia di ______, in via principale, una responsabilità ex art 2051 c.c. per omessa custodia dell’albero, il quale doveva essere adeguatamente protetto, e, in subordine, la responsabilità ex art. 2043 per il più generale principio del neminem laedere. Precisavano che, anche qualora il Giudice avesse ravvisato un concorso di colpa del ________ nella causazione dell’evento, l’apporto del suo comportamento non sarebbe stato tale da interrompere alcun nesso eziologico, sia che lo si giudicasse di entità inferiore rispetto all’omissione dell’Ente convenuto, sia che, in applicazione dell’art. 2055, lo si considerasse equivalente. Quanto al danno patrimoniale, evidenziavano il reddito dell’ing. ________ degli ultimi anni ed il tenore di vita goduto da moglie e figlia proprio in ragione dei cospicui introiti del medesimo, segnalando che la moglie, non lavorando, era economicamente dipendente dal marito. Sul piano affettivo, allegavano invece come la coppia ________ fosse solida e affiatata e che a seguito della morte del marito la _______ era caduta in un profondo stato depressivo. Evidenziavano, poi, lo stretto legame padre-figlia e lo stato di depressione in cui, come la madre, anche la giovane _________, peraltro incinta al momento del tragico scontro, era incorsa nel periodo successivo al decesso del padre, tanto da dover intraprendere opportuna terapia farmacologia. Aggiungevano che anche ________ aveva subito una notevole perdita economica, in quanto sin dal 2002 riceveva ogni anno dal padre una somma di € 20.000,00. Allegavano, inoltre, la sussistenza di un danno non patrimoniale, da risarcirsi iure hereditatis in favore delle attrici per il pregiudizio patito dal de cuius nei 43 minuti che hanno avevano separato lo scontro dalla morte; Infine, lamentavano il danno non patrimoniale patito dalla piccola ________ per non aver potuto godere dell’affetto del nonno. Costituitasi in giudizio la Provincia _________ rassegnava le seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis: nel merito respingere la pretesa risarcitoria azionata dagli eredi _______ per essere l’evento lesivo addebitabile a fatto e colpa dello stesso __________. Vinte le spese”. Deduceva che la sola condotta di guida del conducente dell’auto, dunque, era stata di per sé sufficiente a provocare l’incidente de quo e ad escludere ogni coinvolgimento sub specie culpae dell’Ente convenuto in quanto il _______ a) non poteva non essersi accorto della pioggia in atto (gli agenti confermano questa circostanza della pioggia in atto pag 6 II cpv verbale); b) avrebbe dovuto rispondere alla segnaletica di pericolo presente lungo la carreggiata con lungo margine di preavviso rispetto a quello in cui è avvenuto l’incidente, tenendo una condotta di guida prudente; c) aveva effettuato in dispregio della stessa segnaletica presente (striscia continua al centro della carreggiata) un sorpasso a dir poco azzardato ed per di più alla guida di un’auto neppure revisionata. Sosteneva che doveva escludersi che l’assenza di una barriera di protezione al margine della strada teatro del dedotto incidente avesse in alcun modo contribuito alla determinazione del sinistro o lo avesse in qualche modo agevolato, in quanto in un tratto rettilineo della strada la vittima ____________ aveva scelto una condotta di guida tale da produrre in piena autonomia di causalità l’evento mortale, verificatosi in conseguenza della perdita di controllo del mezzo, dallo stesso condotto; dunque, l’omissione poteva aver costituito solo l’occasione non certo la causa del dedotto evento, a fronte di una condotta di guida tutt’altro che normale. In merito alle domande risarcitorie ne evidenziava la abnormità e genericità, la non configurabilità di un danno iure hereditatis, essendo il de cuius deceduto nell’immediatezza del sinistro e del danno alla minore, in quanto facente di parte di un nucleo familiare autonomo, la assenza di prova degli ulteriori danni biologici e patrimoniali lamentati. Ciò premesso, va ricordato che, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione: - "l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito risponde dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa" (da ultimo, Cass. 13 gennaio 2015, n. 287); - in particolare l'Ente proprietario incorre in responsabilità in relazione alla inadeguatezza o assenza delle barriere laterali di sicurezza, essendo, queste, pertinenze della strada carrozzabile (cfr. Cass. 22 marzo 2011, n. 6550; Cass. 2 febbraio 2010, n. 2360; Cass. 20 novembre 2009, n. 24529; Cass. 20 febbraio 2006, n. 3651); - "le regole di comune prudenza e le disposizioni regolamentari di manutenzione delle strade pubbliche non impongono al gestore l'apposizione di una recinzione dell'intera rete viaria, mediante guard-rail, anche [rectius solo] nei tratti non oggettivamente pericolosi" (Cass. 18 luglio 2011, n. 15723); - il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti deve essere condotto alla stregua di un modello relazionale, in base al quale la cosa venga considerata nel suo normale interagire con il contesto dato, sicché una cosa inerte in tanto può ritenersi pericolosa in quanto determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante (Cass. civ. 16527/2003). Nel caso di specie, la presenza della grossa quercia sul ciglio erboso della strada, determinava un elevato rischio di eventi lesivi, considerate le circostanze del caso e in particolare, la natura della strada, extraurbana e percorribile con una velocità non particolarmente moderata fino a 90 km/h, in discesa e con pendenza longitudinale, le condizioni dissestate della strada, idonee a favorire la perdita di aderenza degli pneumatici, l’ubicazione dell’albero in un tratto rettilineo immediatamente successivo ad una curva con visuale chiusa, l’ubicazione dell’albero a ridosso del ciglio stradale, alla distanza di 1,36 m dalla linea di margine della carreggiata, le dimensioni dell’albero (una quercia secolare). A conforto di ciò va rammentato che la normativa vigente stabilisce che la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 m. (art. 26, c. 6°, regolamento di attuazione al CdS), inoltre indica le alberature poste a meno di 3 metri dal ciglio carrabile come zone da proteggere con sistemi di ritenzione (art. 3, allegato 1, del DM 18 febbraio 1992, n. 223 e art. 3 DM 21 giugno 2004), e ciò perché venga sempre assicurata la sicurezza stradale, come raccomandato dall'art. 13, c. 2, d. lgs 30 agosto 1992, n. 285, ovvero il codice della strada). Pertanto, era obbligo dell’ente provinciale piantare l’albero a non meno di sei (art. 26, c. 6 CdS e comunque apporre le doverose barriere di sicurezza (art. 13 Dm 15108/2004). Inoltre, tenuto conto delle condizioni della strada, era obbligo dell’ente provinciale provvedere alla necessaria manutenzione. Accertata l’omissione, occorre verificare la sussistenza di nesso causale tra l’omissione e l’evento lesivo, tenuto anche conto del fatto che il conducente è autonomamente fuoriuscito dalla sede stradale. Ed infatti, per consolidati principi giurisprudenziali: - appurati pericolosità di strada ed alberi, per poter definitivamente indicare l'Ente proprietario quale responsabile di un sinistro che vede lo scontro in autonomia di un veicolo su di un altofusto, è necessario dimostrare il nesso di causa tra inadempimento dell'Ente e danno, ovvero, "il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze (nel caso, un ponte) invocando la responsabilità della P.A. è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto. Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia" (Cass. 20/02/2006, n. 3651; più di recente, conferma Cass. Cass. 9 ottobre 2008, n. 24881). - vertendosi in materia di mancata apposizione dei guard-rail a protezione degli alberi, e perciò avendo riguardo ad una condotta omissiva dell'Ente rispetto ad un evento, la fuoriuscita autonoma della veicolo, da cui non discende automaticamente la responsabilità dell'Ente medesimo, devono trovare applicazione i principi nella sentenza della Corte di cassazione n. 488 del 2003, laddove è affermato che, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 c.p., norma di carattere generale applicabile nei giudizi civili di responsabilità, in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti la esclusiva efficienza causale di una di esse; - "In particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consiste in una omissione, la positiva valutazione sull'esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l'azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l'evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, e non può esserne esclusa l'efficienza soltanto perchè sia incerto il suo grado di incidenza causale" (Cass. 2 febbraio 2010, n. 2360). In applicazione di tali principi, è stato ritenuto che l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura ed alla conformazione della strada e delle sue pertinenze, indipendentemente dalla loro riconducibilità a scelte discrezionali della P.A.; su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell'art. 1227 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, escludendo che lo stato di una strada comunale - risultata "molto sconnessa" e contraddistinta dalla presenza di "buche e rappezzi" - costituisse esimente della responsabilità dell'ente per i danni subiti da un pedone, caduto a causa di una delle buche presenti sul manto stradale, atteso che il comportamento disattento dell'utente non è astrattamente ascrivibile al novero dell'imprevedibile) (cass. civ. 15761/2016) La giurisprudenza ha così ritenuto responsabile Autostrade s.p.a. della morte di un conducente, per la mancanza di guard-rail e di adeguata protezione di un raccoglitore di acqua piovana posto circa otto metri a lato della carreggiata, nel quale la vettura era piombata 400 metri dopo essere uscita dalle sede stradale (Cass. 2360/2010). In altro caso, il Tribunale di Bari ha la responsabilità, ancorché concorsuale, del proprietario della strada per l'assenza, seppur temporanea, dei presidi di sicurezza lungo una curva fiancheggiata da un pendio ove era precipitato un veicolo causando la morte del conducente (Trib. Bari 7 febbraio 2011, n. 12/05/2015, n. 9547). Ancora, la Corte di Cassazione ha sancito la responsabilità dell'A.N.A.S. per il decesso di una persona che affrontando una curva su una strada di montagna, aveva perso il controllo del proprio veicolo, andando ad invadere la corsia opposta, e per l'assenza di un tratto di muretto al margine della carreggiata, era precipitata nella scarpata sottostante (Cass. 22 marzo 2011, n. 6550). Ciò premesso, va rilevato che dalla c.t.u. disposta in corso di causa, le cui conclusioni, anche alla luce dei successivi chiarimenti scritti resi sulle osservazioni dei consulenti tecnici di parte, nel pieno rispetto del contraddittorio, è pienamente condivisa, è emerso che l’evento letale si è verificato a causa della presenza sul ciglio erboso della quercia e dell’assenza di guard rail prottettivi; le azioni omesse, se fossero state compiute, avrebbero impedito la morte; in particolare la presenza di barriere di contenimento (guard rail) avrebbe evitato l’urto contro l’albero, con conseguente esito non letale per il conducente; inoltre, se ci fosse stato il guard-rail a protezione della scarpata e dell’albero, anche con l’albero presente, l’auto non sarebbe uscita di strada e l’urto contro l’albero non sarebbe avvenuto, infatti, l’auto, pur essendo uscita di strada, sarebbe rientrata nella sede stradale senza alcuna conseguenza. Ciò in quanto i livelli di contenimento della stessa sarebbero stati tutti superiori, da un minimo di 2,245 volte (per un traffico di tipo I) ad un massimo di 7,884 volte (per un traffico di tipo III), con il valore intermedio di 3,476 volte (per un traffico di tipo II), alla componente trasversale (ortogonale alla barriera) dell’energia cinetica posseduta dal veicolo. Pertanto, non può dubitarsi del fatto che la condotta omissiva della Provincia sia stata causa efficiente dell’evento. Per quanto attiene al concorso di colpa del danneggiato, va rilevato che dalla c.t.u. espletata è emerso che il ________, che procedeva ad una velocità di Km/h 73,7 (a fronte di un limite di velocità di Km/h 90), superata una curva destrorsa, ha effettuato sul tratto rettilineo immediatamente successivo una manovra di sorpasso non consentita, stante la presenza di linea continua di mezzeria (art. 40, c. 8 CdS) e, in tale frangente, ha perso il controllo dell’autovettura, che ha deviato la propria traiettoria verso sinistra, percorrendo un tratto di ciglio erboso ed andando a schiantarsi con la parte centrale sinistra contro la quercia. Dunque, il _________ procedeva a velocità consentita e non particolarmente eccessiva, ciononostante, nel compiere la manovra vietata, ha perduto il controllo del mezzo. Quanto alle causa della fuoriuscita dell’autovettura dalla sede stradale, il c.t.u. ha accertato che con i pneumatici (di designazione 255/35 ZR20 97 Y E per quelli anteriori e 285/30 ZR20 99Y per quelli posteriori, aventi una larghezza complessiva di sezione di 1.080 mm) in buono stato d’uso, come risulta dal verbale della Polizia Stradale, in atti, alla velocità di 73,7 km/h, con una pendenza in discesa della strada, resa viscida dalla leggera pioggia in atto, come presegnalato da apposito segnale, l’auto non sarebbe uscita di strada se non fosse stato per le anomalie presenti nell’opposta corsia di marcia. Infatti, a motivo di tali anomalie, costituite da una pavimentazione con avvallamenti e molto degradata, che presentava una intensa fessurazione associata ad un principio di disintegrazione con produzione di materiale sciolto (in particolare sul terzo della larghezza della corsia adiacente alla striscia di margine) non segnalate con l’apposito cartello “strada deformata” (in violazione del precetto di cui all’art. 14, c. 1 lett. a) CdS), il conducente non è stato più in grado di controllare il proprio veicolo, che iniziava a seguire una traiettoria diversa da quella impostata con le ruote sterzanti, deviando a sinistra e fuoriuscendo di strada, per percorrere la banchina erbosa prima dell’urto contro l’albero. Sulla base di tali considerazioni il c.t.u. ha condivisibilmente ritenuto che la responsabilità del sinistro debba essere attribuita per il 90% alla Provincia di ______ e per il 10% _________. Tali conclusioni sono del tutto condivise dal Tribunale, infatti, la responsabilità del tutto preponderante va attribuita alla Provincia di _______, tenuto conto che il sorpasso non consentito ha determinato l’evento letale solo in virtù del successivo e preponderante apporto causale delle plurime e più gravi condotte della Provincia, considerata l’elevata pericolosità determinata dalla presenza della quercia a distanza non regolamentare, in assenza di barriera protettiva e in condizioni stradali pericolose. Sul risarcimento del danno non patrimoniale. La domanda delle attrici, rispettivamente madre e figlia di ___________, di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, va accolta. Trattasi, secondo l’insegnamento dei giudici di legittimità (Cass. 9 maggio 2011, n. 10107), del “…vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti”. Il riconoscimento di tale danno richiede “l’allegazione (e la verificazione) precisa e circostanziata dello sconvolgimento di vita patito e delle sue specifiche e concrete estrinsecazioni, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico (v. Cass., 3 ottobre 2013 n.22585; Cass., 25 settembre 2012 n.16255; Cass., 7 giugno 2011 n.12273)”. Quanto, poi, alla liquidazione, il Tribunale ritiene di assumere quali parametri di riferimento la tabella milanese per il risarcimento del danno da perdita parentale, che prevede un minimo ed un massimo della somma attribuibile ai congiunti, somma che varia in considerazione della relazione parentale del soggetto richiedente il risarcimento con quello deceduto. In particolare, nell’ultima versione, nel caso i richiedenti il risarcimento siano i genitori, i figli, il coniuge (non separato) o il convivente della vittima, viene previsto un range che va da un minimo di euro 163.990,00 ad un massimo di euro 327.990,00). Le tabelle in questione, pur in presenza di una “forbice” oggettivamente molto ampia, forniscono, nelle note esplicative che ne hanno accompagnato alcuni aggiornamenti annuali, taluni criteri finalizzati ad orientare la liquidazione in relazione alle peculiarità del caso concreto, tra i quali rientrano appunto le circostanze del caso concreto, tipizzabili – ma solo in via esemplificativa e non tassativa – in particolare nella sopravvivenza o meno di altri congiunti, nella convivenza o meno di questi ultimi con il sopravvissuto, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta. Oltre a tali criteri, si ripete non tassativi, possono venirne in rilievo altri, suscettibili di essere valorizzati dal richiedente, quali, ad esempio la particolare sofferenza e penosità della situazione che ha condotto al decesso del congiunto ed al quale il parente abbia assistito o uno sconvolgimento – dimostrato – delle abitudini di vita quotidiane in conseguenza del decesso del congiunto, etc. Tanto premesso, va rilevato che dall’istruttoria svolta non è emersa la prova che tra le attrici e il _________ vi fosse stabile e quotidiana convivenza (la ______ risiedeva a ______, ___________ a _______, mentre _______ pur risiedendo formalmente a ________ si spostava molto per lavoro); tuttavia, è emerso che, così come sostenuto, il legame familiare era intenso e solido, infatti, i contatti telefonici quotidiani e la frequentazione continua; invero, i testi escussi hanno confermato che il _________ era in quotidiano contatto telefonico con i propri familiari, solitamente trascorreva il week con la propria moglie a ______ o a _______ e anche nel corso della settimana lavorativa trascorreva qualche giorno a _______, presso la figlia ________; inoltre la famiglia si ritrovava, anche assieme agli altri parenti, per le festività natalizie. Inoltre, va considerato che _________ ha assistito alla morte del marito, deceduto all’interno dell’abitacolo e non ha potuto partecipare alle esequie dello stesso, perché ricoverata a causa delle lesioni subite; inoltre ha subito uno stravolgimento delle proprie abitudini di vita, caratterizzate in precedenza dalla condivisione con il marito di ampie relazioni sociali e numerose occasioni di svago quali viaggi e spettacoli (le circostanze non sono state contestate dunque devono ritenersi pacifiche). Va altresì considerato che le relazioni affettive familiari residue sono altrettanto solide e intense, tale essendo il legale tra la _______, la propria figlia ______ e la famiglia di questa (il marito e la figlia _________, nata pochi mesi dopo l’incidente). Pertanto, tenuto conto delle circostanze del caso, in particolare della assenza di convivenza e della qualità e intensità delle relazioni affettive residue (criteri che orientano la liquidazione al di sotto degli importi medi) e allo stesso tempo della elevata qualità del legame parentale reciso (che orienterebbe invece la liquidazione al di sopra degli importi medi), tenuto, altresì, conto per la sola _________ della presenza al tragico evento e dello stravolgimento delle abitudini di vita, appare equo liquidare in favore di __________ la somma di euro 245.000,00 attuali e in favore di _________ la somma di euro 270.000,00. Tenuto conto della percentuale di responsabilità riconosciuta in capo alla provincia gli importi spettanti alle attrici per il titolo de quo, rispettivamente, ad euro 220.500,00 ed euro 243.000,00. La domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale proposta da _______ in nome e per conto della figlia ______, nata il ________ a parere del Tribunale non va accolta. La Corte di cassazione ha riconosciuto il diritto del nascituro al risarcimento dei danni causati da fatti verificatisi antecedentemente alla nascita in caso in cui gli interessi incisi risultano presidiati dalla Costituzione, in particolare con gli artt. 32, primo (salute) e secondo comma (autodeterminazione), 29, primo comma (famiglia) e 30, primo comma (rapporto genitori-figli) (Cass. civ. 9700/2011). Con riferimento al caso di perdita del genitore, è stato così ritenuto che la relazione col proprio padre naturale integra, invero, un rapporto affettivo ed educativo che la legge protegge perché è di norma fattore di più equilibrata formazione della personalità. Il figlio cui sia impedito di svilupparsi in questo rapporto ne può riportare un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto indipendentemente dalla circostanza che egli fosse già nato al momento della morte del padre o che, essendo solo concepito, sia nato successivamente. Nel caso di specie, invece, il rapporto affettivo ed educativo con i propri nonni non è tutelata costituzionalmente, inoltre, posto che _______ non era ancora nata al momento del sinistro, non è prospettabile la lesione di un rapporto affettivo concretamente ed effettivamente già in essere ed il conseguente danno da perdita di tale specifico rapporto. Sul danno alla salute Per quanto attiene ad __________, il c.t.u. nominato in corso di causa, all’esito delle indagini espletate, ha concluso che l’attrice allo stato attuale non presenti un quadro morboso di natura psico-fisica quanto piuttosto la naturale evoluzione del lutto. Mancano, infatti, segni tipici di malattia psichiatrica in atto: la tendenza al pianto e la tensione emotiva nel rievocare gli eventi di cui si discute, infatti, rientrano nel naturale ricordo affettivo della sig.ra _______ in merito al fatto ma non trascendono ad una situazione clinica tale da poter giustificare una persistenza patologica di tali aspetti. Tale stato attuale risulta piuttosto il termine di un periodo caratterizzato da prescrizione farmacologica, accesso a specialisti psichiatri, stato di shock emotivo, ricordi confusi, attacchi di panico e risulta ben diverso dalla naturale evoluzione di un lutto fisiologico temporaneo costituendo di per sé una alterazione del benessere psico-fisico di natura patologica configurante un periodo di danno biologico temporaneo da disturbo di stress post-traumatico. Tale periodo, a giudizio del c.t.u., è stimabile tra l’aprile 2009 ed il 2011 e, considerando il lasso di tempo del lutto fisiologico che comunque vi sarebbe stato e considerando il graduale evolversi verso la risoluzione del quadro patologico sopra indicato, ha indica un periodo di danno biologico temporaneo parziale al 25% di 18 mesi. Tenuto conto delle circostanze del caso concreto e della profonda sofferenza patita, la cui sussistenza può ragionevolmente inferirsi dalla profondità del legale coniugale e dall’aver l’attrice assistito alla more del marito, si reputa equo riconoscere, in applicazione dei parametri previsti dalla tabelle milanesi (da euro 96,00 a euro 145 per ciascun giorno di inabilità), la somma di euro 140,00 giornalieri (per l’ITA), dunque, tenuto conto che il c.t.u. ha riconosciuto un periodo di ITP al 25%, euro 30,37 giornalieri. In applicazione di tali criteri la somma spettante ad _________ per il titolo in parola, va liquidata in euro 18.900,00 attuali; tenuto conto della quota di responsabilità di _________, spetta all’attrice la somma di euro 17.010,00 attuali. Trattandosi di debito di valore, l’importo riconosciuto va devalutato in base agli indici istat dei prezzi al consumo, fino alla data di cessazione della inabilità temporanea; sull’importo devalutato, e via via annualmente rivalutato in base ai medesimi indici, decorrono gli interessi legali, a titolo di risarcimento del danno da ritardato pagamento, forfetariamente liquidato in difetto di diversa e specifica prova dell’uso che il danneggiato avrebbe fatto del denaro tempestivamente ricevuto. Sulla somma così complessivamente determinata decorrono gli interessi legali, dalla data della sentenza al saldo effettivo. Ad analoghe considerazioni, circa la assenza di uno stato morboso attuale e la configurabilità di uno stato depressivo temporaneo causalmente riconducibile all’evento, il c.t.u. è pervenuto con riferimento a _________, stimando il relativo periodo di inabilità temporanea al 25% in mesi sei. Tenuto conto delle circostanze del caso concreto e della sofferenza patita, la cui sussistenza può ragionevolmente inferirsi dalla profondità del legale parentale, si reputa equo riconoscere, in applicazione dei parametri previsti dalla tabelle milanesi (da euro 96,00 a euro 145,00 per ciascun giorno di inabilità), la somma di euro 120,00 giornalieri (per ciascun giorno di invalidità assoluta), pertanto, tenuto conto che il c.t.u. ha riconosciuto un periodo di invalidità temporanea relativa al 25%, euro 30,00 giornalieri. In applicazione di tali criteri la somma spettante a ________- per il titolo in parola, va liquidata in euro 5.400,00 attuali; tenuto conto della quota di responsabilità di ________, spetta all’attrice la somma di euro 4.860,00 attuali. Trattandosi di debito di valore, anche tale importo va devalutato in base agli indici istat dei prezzi al consumo, fino alla data di cessazione della inabilità temporanea; sull’importo devalutato, e via via annualmente rivalutato in base ai medesimi indici, decorrono gli interessi legali, a titolo di risarcimento del danno da ritardato pagamento, forfetariamente liquidato in difetto di diversa e specifica prova dell’uso che il danneggiato avrebbe fatto del denaro tempestivamente ricevuto. Sulla somma così complessivamente determinata decorrono gli interessi legali, dalla data della sentenza al saldo effettivo. Sul danno patrimoniale La domanda di risarcimento del danno patrimoniale, in misura pari al valore dell’autovettura va accolta. Il c.t.u., sulla base delle quotazioni delle riviste del settore, prodotte agli atti, ha accertato che il valore ante sinistro dell’autovettura ammonta ad euro 23.000,00. Tenuto conto della percentuale di responsabilità della Provincia spetta alle attrici, eredi di _________ per la quota di ½ ciascuna (la circostanza è incontestata) la somma di euro 10.350,00 (euro 20.700,00:2=euro 10.350,00). In merito alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale subìto per la perdita di contribuzioni economiche, si osserva. Il risarcimento di tale voce di danno viene riconosciuto ove i familiari superstiti siano stati privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a fruire in futuro ove il de cuius non fosse venuto meno (cfr. Cassazione civile, sez. III, 28 agosto 2007, n. 18177; Cassazione civile, sez. III, 02 febbraio 2007, n. 2318). E’ stato ritenuto che la sola natura del rapporto parentale, ovvero il solo fatto della convivenza col defunto, pur costituendo un indizio circa l'esistenza della contribuzione, sono insufficienti a far presumere l'esistenza d'una stabile contribuzione del defunto in favore dei congiunti superstiti, la quale potrebbe ammettersi soltanto ove si dimostrasse - ad esempio - l'insufficienza dei redditi dei familiari conviventi al proprio sostentamento (cfr. Cass., sez. III, 12-10-1998, n. 10085, in Resp. civ., 1999, 752, la quale peraltro aggiunge che neppure le condizioni socioeconomiche della famiglia possono costituire l'unico elemento di valutazione delle aspettative dei congiunti ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso dovendosi tener conto di dati ulteriori, fra i quali l'attività esercitata dai genitori e dagli altri congiunti). Quanto al diverso aspetto della liquidazione, è principio consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte (sentenza n. 10853/2012) che: "In tema di risarcimento dei danni patrimoniali derivanti ai congiunti in caso di morte del danneggiato, può essere adottato un metodo di calcolo funzionale all'accertamento del reddito netto su cui determinare il danno futuro subito dagli eredi, sulla base della detrazione, dal reddito stesso, sia del relativo carico fiscale, sia della cosiddetta quota sibi (parte del reddito che il defunto avrebbe speso per sè), quota che può legittimamente quantificarsi come percentuale del reddito complessivo al lordo delle imposte e delle contribuzioni. L'accertamento dell'ammontare di detta quota sibi rientra nei poteri del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se immune da vizi di motivazione" (Cass. n. 4186 del 2004; n. 10304 del 2009). E’ stato altresì ritenuto (Cass. civ. Sez. III Sent., 28/08/2009, n. 18800) che il danno patrimoniale per la morte del coniuge deve essere calcolato con esclusivo riferimento alle spese fisse di gestione familiare, ossia a quelle voci di spesa che il coniuge superstite ha continuato a sostenere, nonostante il decesso dell'altro, stante la mancata diminuzione. Vanno, infatti, esclusi da tale calcolo sia la parte di reddito che, sebbene conferita alla gestione familiare, veniva, in realtà, utilizzata per soddisfare i consumi (in senso lato) della medesima vittima nell'ambito di tale comunione familiare, sia la c.d. quota sibi, ossia quella parte del reddito che il coniuge deceduto avrebbe speso per sé, senza farla transitare attraverso la comunione familiare. Ciò premesso, va rilevato che la domanda di parte attrice è stata formulata in termini generici nell’atto di citazione e tale genericità non è stata superata neppure nelle successive memorie e negli scritti difensivi conclusivi. Infatti parte attrice si è limitata ad affermare che _________ era casalinga e che il _________ aveva una capacità di risparmio di euro 200.000,00 annui. A sostegno della propria domanda ha prodotto le dichiarazioni dei redditi del Biondini, relative agli anni 2007-2008 e 2009, limitatamente ai tre mesi: dalle dichiarazioni relative agli anni 2007-2008 risulta che la ______- era familiare a carico del _______ e che questi ha percepito un reddito lordo di circa 400.000,00 euro, dalla dichiarazione relativa ai primi tre mesi del 2009 risulta che il ______ ha percepito un reddito lordo di circa euro 30.000.00. Ora, a parere del Tribunale, pur essendo ragionevolmente presumibile che l’ing. ________ contribuisse al mantenimento della propria moglie, la domanda non può essere accolta. Ed infatti, non può non considerarsi che l’ing. ______, alla data del decesso aveva sessantadue anni di età e, come ammesso dalla stessa parte attrice, lavorava dal 1974, dunque da trentacinque anni; pertanto, tenuto conto che aveva presumibilmente già maturato i requisiti per il pensionamento ed era dunque al culmine della propria carriera lavorativa, non sussistono – in quanto non forniti – elementi che inducano a ritenere che, nonostante l’età pensionabile, l’attività lavorativa svolta si sarebbe protratta ancora nel tempo (in particolare non è stata fornita prova dell’attività professionale espletata al momento del decesso, dei termini del rapporto di lavoro e, dunque, delle prospettive di prosecuzione di tale attività anche per il futuro). Inoltre, va rilevato che, sebbene dalle dichiarazioni dei redditi relative agli anni 2007 e 2008 risulti un reddito lordo di circa quattrocentomila euro (lordo di circa duecentotrentamila euro), dalla dichiarazione relativa all’anno 2009 risulta che nei primi tre mesi il reddito lordo è stato di euro trentamila, dunque il reddito è risultato nettamente inferiore a quello mensile medio degli anni precedenti; tale discrasia, presumibilmente, dovuta al fatto che, negli ultimi anni, il percorso professionale dell’ing. ___ si è sviluppato attraverso una pluralità di esperienze lavorative diverse (cfr. pag. 6 dell’atto di citazione, laddove si illustrano gli incarichi svolti dal 2006 al 2008), non consente una ricostruzione, in termini precisi, del quadro lavorativo dell’ing. ______, anche futuro, né del reddito effettivamente via via percepito. A ciò va poi aggiunto che l’attrice non ha specificato la quota di reddito che il ______ le avrebbe riservato, né l’ammontare delle spese che non hanno subito una contrazione nonostante il decesso, né ha chiarito se sia titolare – com’è presumibile – di una pensione di reversibilità. Dunque, in assenza di elementi specifici, che facciano ritenere sussistente, anche in via induttiva, la perdita di contribuzioni future e l’entità di dette contribuzioni, la domanda non può essere accolta. Peraltro, a parere del Tribunale, a diversa conclusione non può pervenirsi in virtù dei poteri di liquidazione equitativa del Giudice, in quanto è onere della parte provare che il coniuge deceduto avrebbe continuato a produrre il reddito indicato e fornire elementi (quota di reddito attribuita al coniuge, ammontare delle spese da sostenere, pensione eventualmente percepita etc.) idonei a consentire una liquidazione secondo equità. Anche la domanda proposta da _______ non può essere accolta. L’attrice sostiene che dall’anno 2002 aveva cominciato a ricevere contributi dal padre di euro 20.000,00 annuali e talvolta superiori, euro 75.000,00 nell’anno 2008 ed euro 40.000,00 nell’anno 2009. E’ principio pacifico che i figli di persona deceduta in seguito ad un fatto illecito siano maggiorenni ed economicamente indipendenti non esclude la configurabilità, e la conseguente risarcibilità, del danno patrimoniale da essi subito per effetto del venir meno delle provvidenze aggiuntive che il genitore destinava loro, posto che la sufficienza dei redditi del figlio esclude l'obbligo giuridico del genitore di incrementarli, ma non il beneficio di un sostegno durevole, prolungato e spontaneo, sicché la perdita conseguente si risolve in un danno patrimoniale, corrispondente al minor reddito per chi ne sia stato beneficato (Cass. civ. 24802/2012). Tuttavia, il pregiudizio subito per effetto del venir meno di prestazioni aggiuntive, in denaro o in altre forme comportanti un'utilità economica, erogate in vita dal congiunto deceduto, spontaneamente e in assenza di obbligo giuridico, ai figli o ai nipoti, è risarcibile a condizione che preesistesse una situazione di convivenza (ovvero una concreta pratica di vita, in cui rientri l'erogazione di provvidenze all'interno della famiglia allargata), in mancanza della quale, non essendo altrimenti prevedibile con elevato grado di certezza un beneficio durevole nel tempo, non può sussistere perdita che si risolva in un danno patrimoniale. Nel caso di specie, è pacifico che tra la figlia superstite e il padre deceduto non vi era convivenza (l’attrice convive con il marito e la figlia minore); è altresì pacifico che ___________ svolte l’attività di psicologa, dunque è economicamente autosufficiente. Ciò posto, la documentazione prodotta è inidonea a far emergere la prova di una pratica di vita caratterizzata da una abituale erogazione di provvidenze all’interno della famiglia. Ed infatti, risultano provati per tabulas bonifici, a partire dall’anno 2006, effettuati dal ______ su un contro cointestato a sé e alla propria figlia (cfr. i due bonifici dell’importo di euro 10.000,00 effettuati nel gennaio e nel novembre 2006); bonifici di complessivi euro 75.000,00 effettuati nell’anno 2008 da un conto cointestato a _____ e ________ su un conto cointestato al _____- e alla figlia ______; un bonifico di euro 40.000,00 effettuato da un conto cointestato a ________ e ________ su un conto cointestato al ________ e alla figlia _________, nell’anno 2009, asseritamente finalizzato a consentire l’acquisto di un’autovettura da parte di quest’ultima. Dunque, non vi è la prova di una stabile e costante (in termini di tempo e di importo) contribuzione del _______ in favore della figlia, protrattasi per un tempo idoneo a far ritenere sussistente una “pratica” in tal senso; peraltro, essendo il conto cointestato non vi è neppure prova che il denaro fosse destinato a soddisfare esigenze della figlia e non piuttosto, ad alimentare il conto comune nell’interesse di entrambi gli intestatari. In ogni caso la discontinuità (nessun bonifico è stato documentato per il 2007), la brevità del periodo di tempo in cui sono stati documentati bonifici e la diversità degli importi indurrebbero ragionevolmente a ritenere che si sia trattato di versamenti occasionali, giustificati da specifiche esigenze, quale, appunto, nell’anno 2009, l’acquisto di una vettura. Pertanto, la domanda non può trovare accoglimento. Le spese seguono la soccombenza della provincia e sono liquidate come da dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014, tenuto conto dell’attività espletata e del quantum riconosciuto. P.Q.M. Il Tribunale di Ancona, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione e istanza disattesa, così provvede: a) accerta e dichiara che la responsabilità del sinistro per cui è causa va attribuita alla Provincia di _______ in misura pari al 90%; b) condanna la Provincia di _______ al risarcimento dei danni in favore di parte attrice liquidati come segue: - in favore di ________ la somma di euro 243.000,00 attuali oltre accessori dalla data della domanda al saldo e la somma di euro17.010,00 oltre accessori come in parte motiva, a titolo di danno non patrimoniale, per le causali ivi indicate; - in favore di ______________ la somma di euro 220.500,00 attuali e la somma di euro 4.860,00 oltre accessori come in parte motiva, a titolo di danno non patrimoniale, per le causali ivi indicate; - in favore di ________ e _________ quali eredi di ________ la somma di euro 10.350,00 ciascuna oltre accessori come in parte motiva; c) rigetta nel resto; d) condanna la Provincia di _________ a rimborsare alle attrici le spese del giudizio liquidate in euro 16.000,00 per compensi, oltre spese gen. e accessori come per legge, oltre al rimborso delle spese delle cc.tt.uu. liquidate come in atti. Così deciso in Ancona, il 6.4.2018 Il Giudice Dott.ssa Francesca Ercolini.
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