Cassazione Penale: Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche in seno alle famiglie di fatto
Con la sentenza n. 40727 del 2 ottobre 2009 la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo, già condannato in primo e secondo grado per maltrattamenti in famiglia (nonché per violenza privata e ricettazione), sancendo quindi la sua condanna definitiva. Nella sopracitata sentenza la Suprema Corte ha richiamato l’orientamento consolidato della Corte stessa ribadendo che "ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia, non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di una persona convivente "more uxorio", atteso che il richiamo contenuto nell’art.572 cod. pen. alla "famiglia" deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo". E’ quindi sufficiente solo la stabilità del rapporto per l’effettiva integrazione del reato di maltrattamenti. Per i fatti commessi, l’imputato era stato condannato dalla Corte d’appello alla pena della reclusione di un anno e otto mesi. Pena che è stata confermata dalla Suprema Corte, la quale ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento alla Cassa delle Ammende di una somma di denaro pari a € 1.000,00. Da quanto sopra si evince come, nonostante l’ordinamento non contenga una norma ad hoc disciplinante i rapporti fra conviventi more uxorio, cioè fra persone stabilmente conviventi ma non legati da vincolo di coniugio, dalla convivenza possano discendere responsabilità penali. Se è vero che la famiglia di fatto non è interessata dalle norme riguardanti diritti e doveri fra i coniugi, è altrettanto vero che il diritto e la giurisprudenza penale tutelano i conviventi vittime del reato di maltrattamenti in famiglia.
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