Lavoro a tempo determinato

Cassazione Civile: Spetta al datore di lavoro provare la sussistenza dei requisiti che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato

Con la sentenza n. 7546 del 4 aprile 2011 la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha affermato che la prova della percentuale massima di lavoratori subordinati che un’azienda può assumere con contratto a tempo determinato, rispetto al numero di dipendenti assunti a tempo indeterminato, grava in capo al datore di lavoro. Ciò in base a quanto disposto dall’art. 3 della legge n. 230/1962, il quale statuisce che spetta al datore di lavoro l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato. La Corte, con la sentenza sopra citata, ha effettuato un cambio di direzione a centottanta gradi rispetto a quanto dalla Corte stessa affermato nella propria sentenza n. 17674/02, nella quale si precisava che, alla luce dell’art. 2697 (Onere della prova: “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”) del Codice Civile, spetta al lavoratore subordinato provare i motivi dell’illegittimità del contratto di lavoro per violazione del numero massimo di assunzioni a tempo determinato. Ora, invece, la Corte afferma la necessità per il datore di lavoro di provare il rispetto da parte sua del numero massimo di lavoratori assumibili con contratto di lavoro a tempo determinato, a pena d’invalidità dell’apposizione del termine. Inoltre la Suprema Corte ha precisato che il datore di lavoro nel provare il mancato superamento di tale limite numerico deve indicare la percentuale di lavoratori assunti a tempo determinato, al fine di poter verificare il rapporto percentuale fra lavoratori stabili e a termine.

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