La Corte d'Appello di Milano autorizza l'interruzione del trattamento
La Corte d’Appello civile di Milano ha autorizzato quest’oggi il padre di Eluana Englaro, in qualità di tutore, a interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che dal 18 gennaio 1992 permette alla figlia di sopravvivere in stato vegetativo. Beppino Englaro chiede per la prima volta la sospensione del trattamento nel 1999. Invano. Oggi però, con decreto firmato dal giudice Filippo Lamanna, la prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano, ha deciso di autorizza la interruzione del trattamento. Il collegio che ha adottato la decisione era composto anche dai giudici Giuseppe Patrone e Paolo Negri Della Torre. Il provvedimento, che è immediatamente efficace, è stato adottato dai magistrati anche in seguito alle valutazioni del curatore speciale della ragazza, l’avvocato Franca Alessio, appositamente nominata per verificare l’assenza di interessi in capo al tutore che potessero essere in potenziale conflitto con quelli di Eluana. La curatrice si è infatti detta pienamente d’accordo con il tutore nella sua scelta di interrompere il trattamento di alimentazione forzata. I giudici, in buona sostanza, considerato lo stato vegetativo irreversibile in cui versava Eluana da oltre 16 anni, acquisite prove, ascoltate le testimonianze di alcune amiche della ragazza, hanno deciso di autorizzare il tutore, in accordo con il personale sanitario, a procedere nel modo su detto. L’ultima pagina del provvedimento dei magistrati contiene un paragrafo intitolato “disposizioni accessorie cui attenersi in fase attuativa”, in cui si legge: “Accogliendosi un esplicito richiamo della Suprema Corte a impartire qualche ulteriore disposizione pratica e cautelativa, in accordo con il personale medico e paramedico che attualmente assiste o verrà chiamato ad assistere Eluana, occorrerà fare in modo che l'interruzione del trattamento di alimentazione e idratazione artificiale con sondino naso-gastrico, la sospensione dell'erogazione di presidi medici collaterali (antibiotici o antinfiammatori ecc.) o di altre procedure di assistenza strumentale avvengano in hospice o altro luogo di ricovero confacente, ed eventualmente - se ciò sia opportuno e indicato in fatto dalla miglior pratica della scienza medica - con perdurante somministrazione di quei soli presidi già attualmente utilizzati atti a prevenire o eliminare reazioni neuromuscolari (come sedativi o antiepilettici) e nel solo dosaggio funzionale a tale scopo, comunque con modalità tali a garantire un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona (ad esempio anche con umidificazione frequente delle mucose, somministrazione di sostanze idonee a eliminare l'eventuale disagio da carenza di liquidi, cura dell'igiene e del corpo e dell'abbigliamento) durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà dopo la sospensione del trattamento e in modo da rendere sempre possibili le visite, la presenza e l'assistenza, almeno dei suoi più stretti familiari”.
2008 Studio Legale Carattini, Avvocati in Parma dal 1955
Fonte: Ansa