Cassazione: Scisso il danno morale da quello biologico
Con la sentenza n. 26972 dell’11 novembre 2008 la Cassazione, a Sezioni Unite, stabiliva la non configurabilità del danno esistenziale come voce autonoma da indennizzare. In particolare, il danno esistenziale non può essere inteso come una autonoma categoria di danno: deve rientrare nell’unico danno non patrimoniale. La Corte, nella sentenza citata, afferma che “in assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.)”. Fondamentale, dunque, è il seguente principio, sancito dalla Suprema Corte: il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell'evento di danno; se non si riscontra lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona non è data tutela risarcitoria. Questo orientamento è stato mantenuto e ribadito nelle successive sentenze nn. 26973, 26974 e 26975. Ad appena un mese di distanza dalla sentenza citata, i suoi effetti hanno già iniziato a farsi sentire. Infatti, con la sentenza n. 29191 del 12 dicembre scorso, la Corte di Cassazione ha stabilito che “il danno biologico deve essere necessariamente personalizzato calcolando anche la componente della capacità lavorativa e del danno psichico” e che quello morale non potrà più essere liquidato come una “quota” dei danni alla salute.
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